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mercoledì 9 novembre 2011

La crisi

Ma quanto ci sta costando questa crisi?
Alzino la mano quanti hanno pensato che ieri con la mancata maggioranza da parte del nostro capo (mr B.) la situazione a livello mercati/ spread (termine che ormai ci è familiare e condiziona le nostre vite) cambiasse?
Ebbene no. Riusciamo a tramutare una possibilità di cambiamento in un nuovo momento di incertezza e mancanza di fiducia da parte dei nostri "partner" stranieri.
Pensare che solo poco tempo fa si diceva che era necessario fare presto per ridare alla nostra povera Italia credibilità, mentre nulla è cambiato.
Sembra un po' di vivere all'epoca del Gattopardo in cui "Tutto cambia affinchè nulla cambi".
Il capo del governo dichiara di volere fare un passo indietro, ma questa rimane solo un'intenzione, il capo dello stato non decide immediatamente di scogliere le camere, si profila lo spettro di elezioni anticipate (che però ragionevolmente non potranno essere tenute prima di 6/8 mesi) con altri costi (come se ce lo potessimo permettere) e altra incertezza.
Possibile che nessuno faccia qualcosa vedendo lo spread volare a 560 punti (rendimento BTP più del 7%).
Vi prego muovetevi, ma fate qualche cosa........

giovedì 12 marzo 2009

La globalizzazione

Ormai anche l'Europa dell'Est ha costi troppo alti per le imprese.

Girando per la rete mi sono imbattuto su Der Spiegel in un articolo di Carol Matlack e Stanley Reed, che volevo condividere naturalmente insieme a mie considerazioni personali.

Le cosiddette nazioni industrializzate sono sempre alla ricerca di nuove frontiere per quanto riguarda la riduzione dei costi di produzione.

Dopo l'Irlanda (paese ormai in ginocchio dopo che per 20 anni tutte le aziende mondiali avevano installato il loro HQ europeo ed ora abbandonato in favore di paesi meno sviluppati e ovviamente meno costosi ) e l'Est Europa (in cui Italia e Germania hanno recitato la parte del leone nella colonoizzazione industriale) ora è il momento del Nord Africa.

Dopo la caduta del muro di Berlino l'azienda elettrica giapponese Sumitomo si è unita al gruppo di imprese automobilistiche che impiantavano stabilimenti a basso costo nell'Europa dell'Est. Sono state aperte fabbriche dalla Polonia alla Bulgaria, sino ad avere una dozzina di impianti produttivi.

Ma adesso la stessa azienda sta spostando la propria produzione a sud dell'Europa nell'antico porto marocchino di Tangeri e a Bou Salem, una città commerciale sita tra campi di grano nel nord Tunisia.

Con la crescita dei costi nell'Europa orientale è, quindi, diventato difficile fare profitto.

Il Nord Africa rappresenta invece la nuova frontiera della globalizzazione. Questa regione, ha attratto più di 30 bilioni di dollari negli ultimi 5 anni per impiantare aziende di ogni tipo (dall'auto all'aerospazio), resort di gran lusso e call centre.

Nonostante la crisi, la crescita economica attesa nel 2009 andrà dal 3.7% della Tunisia al 5% della Libia (percentuali che oggi noi poveri paesi industrializzati possiamo solo vedere in cartolina o nei ricordi ingialliti dell'era Clinton). Attualmente le società di rating valutano Tunisia e Marocco più sicuri di Ungheria, Romania e Bulgaria

Il fascino del Magreb è ovvio. Tangeri è posta solo 8 miglia in linea d'aria dalla Spagna. Il governo della regione è abbastanza stabile e gli stipendi medi bassi da $195 a $325 al mese, paragonati ai $671 mensili pagati dalla Renault nella sua fabbrica in Romania. per la costruzione delle Dacia Logan.

I numeri sono sufficienti a spiegare come mai Renault sta costruendo a Tangeri il suo più grosso stabilimento a livello mondiale: circa 6.000 operai direttamente impiegati e un indotto previsto di 35.000 ulteriori posti di lavoro. Il prossimo anno anche Airbus ha in programma di aprire un impianto in Tunisia per un valore di 76 milioni di dollari che impiegherà 1.500 lavoratori, più un indotto previsto di altri 10.000 impiegati. Il gruppo francese Safran possiede altri 6 impianti per la costruzione di cablaggi per Boeing nel Magreb in cui lavorano 1.400 persone. La joint venture tra Boeing e Royal impiega 600 persone con uno stipendio medio di $315 al mese per una settimana lavorativa di 44 ore (il 10% in più che in europa) e senza la presenza di alcuna organizzazione sindacale.

A Casablanca, città di 4 milioni di abitanti, i palazzi uffici si affacciano sulla Vecchia Medina, mentre alla periferia stanno terminando i lavori di un enorme complesso uffici chiamato Casanearshore. Ospiterà il Call Centre e il back-office di aziende come Dell e BNP Paribas.

Oltre il costo del personale un grande vantaggio per le aziende è rappresentato dal grado di competenza dei lavoratori; il World Economic Forum classifica la qualità degli insegnamenti in scienze e matematica in Tunisia 7° nel mondo (gli USA sono al 43 posto e l'Italia al 57°) World Economic Forum .

Solo poche miglia lontano da Casablanca ed il paesaggio cambia rapidamente. Villaggi polverosi e carretti tirati da asini e finalmente il deserto che copre più dei 3 quarti del territorio del magreb. La regione è molto meno sviluppata di quanto lo fosse l'Europa dell'Est durante la caduta del Muro di Berlino. Il Marocco, la regione più sottosviluppata del territorio ha un reddito medio di 4000$ alla'nno paragonati ai $13,200 in Bulgaria, il paese più povero dell'Unione Europea ed un grado di alfabetizzazione del 52% contro il 98% della Bulgaria .

Siamo di fronte ad un nuovo colonialismo mascherato da sviluppo economico? Forse.............

venerdì 6 marzo 2009

Economia in crisi

C'è poco da essere ottimisti.
La Banca Centrale Europea continua a tagliare i tassi di interesse sperando che le sue mosse facilitino l'accesso al credito delle Piccole e Medie Imprese e le Borse cadono.
Parallelamente dall'altra parte dell'Oceano non si vede nemmeno un bagliore di luce....... General Motors sull'orlo del fallimento...... Merril Lynch che scopre delle irregolarità nelle attività di trading simili a quelle che un paio di anni or sono (o anche meno) hanno fatto affondare Societe General e forse hanno segnato l'inizio della crisi finanziaria......i disoccupati cresciuti di più di 600.000 unità nell'utlimo mese (4.4 milioni di posti di lavoro persi dall'inizio delal crisi).
E in casa nosta non c'è da stare allegri....... l'Istat che certifica il crollo del Pil 2008 del 1%!
Il nostro ministro delle Finanze che ci avverte che il 2009 sarà peggio del 2008...... aziende che ricorrono alla c.i.g. (+550 %) o chiudono (ultimi il caso della Indesit di None......a proposito questo paese si è sviluppato grazie a questa azienda madre - traditrice).
Siamo nel mezzo della tempesta e la situazione è in via di peggioramento.
I prossimi mesi non promettono uno scenario migliore: 120-130.000 posti di lavoro in meno, tra titolari, collaboratori e dipendenti. La previsione per il 2009 non è rosea. Chiuderanno altre 50.000 imprese.
I consumi delle famiglie, nell'anno in corso, si ridurranno ancora e scenderanno di un buon 20%.
La pressione fiscale rimarrà, per i prossimi 5 anni, al 43%, ma la verità è che sui redditi emersi è superiore al 50%.
Se a tutto questo aggiungiamo che in Italia vi è una riduzione degli investimenti delle imprese ed un calo del mercato immobiliare....il gioco è fatto: -1%!
Davanti a questo scenario ci vuol molto più dell'ottimismo presidenziale: si deve mettere in campo un piano nazionale di sostegno alle imprese esportatrici che maggiormente stanno pagando la crisi, ma anche assicurare risorse sufficienti per sostenere la ripresa dei consumi e delle attività produttive.